La selvaggina ha un posto speciale nel mio cuore. Mio papà è un cacciatore, e mi ha trasmesso questa passione meravigliosa per la natura, per la tradizione e per la buona tavola, un mondo camouflage affascinante. Ero piccola, mi ricordo i preparativi di ogni sabato sera di tutto quello che serviva per la domenica, gli scarponi, lo zaino, il coltello, vestiti strani per camuffarsi – ridevo tantissimo – e adesso non è cambiato niente, i preparativi sono gli stessi. Si è aggiunto Brando, il nostro cane, il cucciolo di casa che pesa quasi 40 kg e che appena vede qualcosa di verde uscire dall’armadio diventa matto dalla gioia, non vede l’ora di uscire. Papà preferisce le piume, e anche io. E’ una caccia molto diversa da quella da pelo, è una collaborazione estremamente coordinata tra te e il cane, in spazi aperti, spesso vicino al mare, il silenzio e la natura bellissima. Per occhi non esperti ogni uccello è uguale, ma appena cominci a osservarli cominci a notare che volano in modo diverso, nei movimenti e nei ritmi.
Se è affascinante quello che succede nel campo, in cucina è altrettanto divertente. La ricetta di oggi non prevede un volatile – ma arriveranno presto – bensì un capriolo, una carne che adoro. Papà poco tempo fa è tornato a casa con un cosciotto: << tieni, te l’ho tirato fuori dal freezer, cucinalo come vuoi >>. Panico. Io non l’avevo mai cucinato, la selvaggina è una carne delicata bisogna saperla trattare per non rovinarla, io l’avevo visto preparare numerose volte, ma da sola non ci avevo mai provato. Mio papà se scuoci la pasta ti guarda con disappunto, pensa un po’ se sbaglio con il capriolo! Ma dal momento che nessuno è nato imparato, come si suol dire, ho alzato bandiera bianca e ho detto, papi aiutami. Lui mi ha dato le basi… e poi appena ha girato l’angolo della cucina io e mamma ci abbiamo messo del nostro, la birra e lo zenzero. Magico!
La carne era gustosissima, asciutta al punto giunto, consistete, saporita e quasi dolce, si è leccato i baffi anche il capo!