Torniamo a casa mia, nel mio Veneto, nella cucina di mio papà. Lui e i suoi sughi, le sue ricette da scapolo le chiamo io, perché quando si mette ai fornelli lo fa per se, anche se cena con noi. Non egoisticamente come potrebbe sembrare, ma perché i suoi sono piatti spensierati e tradizionali fatti a sentimento, il suo per l’appunto. E anche se sono preparazioni prive di tecnica, in cui l’esperienza e il buon senso sono le uniche linee guida il risultato è sempre impeccabile e riconoscibile, la firma delle sue mani è unica e definita. Mi piace pensare che le ricette di papà siano l’esempio di una tradizione gastronomica che anche se datata non è mai in stasi.
Io e papà siamo agli antipodi in cucina, a lui piacciono i gusti tradizionali, semplici ma decisi, fatti «come che se deve» – ovviamente quale sia il come che se deve è lui a deciderlo –. Io invece ne combino di tutti i colori, la mia è una sperimentazione continua, ne provo di ogni, a volte ottengo ottimi risultati a volte no, ma mi diverto. Puntualmente accade che io e mia mamma siamo entusiaste dello stir fry di turno, e mio papà si taglia una fetta di formaggio e una di salame, ma siamo belli così.
Tornando ai nostri moscardini la ricetta che riporto è quella di papà, ai fornelli c’è stato lui, io ho contribuito con una polenta di ceci buonissima, leggermente dolce che con i moscardini ci sta da favola, anche se devo essere sincera, il Ruggero è coerente anche a tavola e si è riservato di dire che la polenta… quella vera… è meglio.
Tuttavia vi assicuro che anche questa di ceci è deliziosa.